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6 EMILIO SALGARI

pigliature umane, come usavano gl’indiani, di sottilissime strisce di pelle, che cadevano su due enormi sproni d’argento.

In testa portava un ampio sombrero, che forse non si levava nemmeno quando dormiva, e che copriva in parte una certa capigliatura rossastra e lunga di dubbia provenienza.

Il suo compagno invece non aveva più di quarant’anni. Era alto, robustissimo anche lui, molto abbronzato, con occhi neri e baffi foltissimi, e indossava il non meno pittoresco costume degli scorridori di prateria: sombrero molle con ghiande d’argento, camiciotto di pelle gialla stretto da un’alta cintura pure di pelle, calzoni di panno azzurro ed alti stivali alla scudiera. L’urlo del cane si era novamente fatto udire, mentre accendevano la grossa lanterna di marina.

Era un urlo acutissimo, che aveva del cane e del lupo, pieno di ferocia.

I due uomini, il vecchio ed il giovane, si guardavano l’un l’altro con ansietà stringendo le loro carabine.

— John, — disse il più giovane — Curlam ha dato l’allarme. Che ritornino già, o che quel maledetti Sioux, diventati oggi Selve Ardenti, abbiano scoperto il nostro rifugio e cerchino di arrostirci qui dentro? Come sai, la cinta e la capanna sono formate da tronchi di pino che contengono tanta resina. Che fiammata, amico! —

L’indian-agent scosse il capo, poi disse:

— Il mio cane non può ingannarsi. Curlam ha un fiuto ammirabile.

— L’ho già provato.

— Harry, usciamo: noi non passeremo la notte tranquilla. O sono loro che tornano colla mia capigliatura e quella di Minehaha, o sono le Selve Ardenti che cercano di farci provare le delizie della loro fuga attraverso i boschi brucianti. —

Con un calcio spalancò la porta, che non era nemmeno assicurata colla traversa, prese la grossa lanterna ed uscì seguìto dal compagno.

Come usavano allora i coloni americani sperduti nelle solitudini del Nebraska, immenso territorio quasi ancora vergine, sul quale si erano rovesciate le ultime tribù degli Sioux, la capanna era circondata da una palizzata abbastanza alta e molto robusta e con grosse traverse, che potevano opporre una lunga resistenza anche agli urti più violenti.

Un grosso cane, un vero mastino spagnuolo, discendente probabilmente da quelli che erano stati importati nelle colonie del sud per dar la caccia agli schiavi, dal pelame rossastro, le mascelle enormemente sviluppate, stava col muso appoggiato contro lo stecconato fiutando rumorosamente l’aria.