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di un processo criminale politico negli Stati della Santa Madre Chiesa, processo che al Fausti ha già fruttato venti anni di galera e la speranza della forca 1

Se non che non solamente le rivelazioni fatte dalla Diotallevi come impunitaria, tolgono fede a quelle fatte posteriormente come spia, ma la maniera colla quale essa si è comportata recitando questa seconda parte, è tale che quand’anche le rivelazioni impunitarie fossero veridiche, dovrebbero sempre, secondo la legge e secondo il senso comune, ritenersi false le altre. Insufficiente, ridicola era la causa di scienza che colei assegnava; alle sue rivelazioni impunitarie, ma pure una causa s’indicava; e con ciò se la legge ed il comune senso venivano violati in fatto, facevasi almeno mostra di rispettare l’una e l’altro in apparenza: allorchè però entra in iscena a recitare la parte di spia, non si mantengono più neppure le apparenze.

Chiunque oda a raccontare un fatto straordinario, che abbia in sè stesso dell’incredibile, prima pure di esaminarlo in sè stesso, si fa naturalmente a richiedere al narratore il come, ed il quando, da chi l’abbia saputo. Nei giudizi civili, che dei criminali hanno tanto minore importanza, quanto minore è l’importanza che la sostanza e la proprietà hanno rispetto alla libertà, alla vita, all’onore, non potrebbe essere valutata la testimonianza di chicchessia, se non rendesse buona ragione del come, del quando vide, o da chi e come udì il fatto che attestasse. Un testimone che richiesto della causà di scienza, o si ricusasse a rispondere o rispondesse: «Ho piena notizia del tal fatto, perchè ne ho notizia,»

  1. La Sentenza del 30 maggio 1863 condannava gl’inquisiti per le sole incolpazioni meramente politiche, dichiarando constare, in genere, di trattative dirette a turbare l’ordine pubblico e la sicurezza dello Stato mediante corrispondenze di lettere sì all’interno che all’esterno, e mediante ancora altri mezzi. Ordinava la prosecuzione della inquisizione dei pretesi delitti comuni, per ispirito di parte, fra i quali primeggia quello del teatro Alibert. Standoci documenti presentati dalla Diotallevi e riconosciuti per veri dall’indicata Sentenza che forma cosa giudicata; il Fausti non può non esser ritenuto autore dell’incendio, e qualora rispetto all’uso, quell’edificio fosse considerato come pubblico, la pena sarebbe la morte.