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che vedeva la sua caduta nella caduta di quello, si studiò di opporsi e coi fatti e colle parole vigorosamente.

Nel campo dei fatti riuscì a Castelfidardo; riuscì in quello della discussione all’assurdo, che Roma non appartenga nè agli Italiani e neppure ai Romani, ma al Mondo cattolico.

Data appunto da quest’epoca la prevalenza sull’animo imbecille di Papa Pio IX di monsignor Saverio De Merode, uno dei capi più ardenti e più operosi del nominato partito. Il De Merode fu nominato ministro delle Armi, e colla sua venuta al potere i cattolici legittimisti accorsero in Roma da ogni parte tanto che il vecchio elemento della Prelatura romana ne rimase quasi per intiero sopraffatto. A breve andare lo stesso cardinale Antonelli si accorse di avere nel monsignor belga non un aiuto, ma un antagonista, ed il collegio dei Cardinali composto di vecchi imbecilli e codardi, mormorò sommessamente e lasciò fare. Da indi in poi due diverse correnti si manifestarono nel Governo pontificio; a capo dell’una rimase l’Antonelli coi vecchi elementi della Curia Romana, a capo all’altra si pose il De Merode, a cui, come molto influente sull’animo del papa, fece adesione e si accostò gente nuova anelante di salire a maggior potenza. Si ebbero e si hanno quasi due governi; giacché il De Merode, sebbene ministro delle Armi, pose da per tutto lo mani violenti, l’occhio losco, e la mente scompigliata. Venuto in Italia per congiurare contro l’Italia, portò con sè quella mente pregiudicata, già molto comune al di là delle Alpi, sul conto degli Italiani, come di gente in cui prevalga sopra tutto la mala fede ed il tradimento. Seguendo il principio che Roma appartenga ai Cattolici, non ai Romani, parve e pare al De Merode che non dai Romani, ma dai Cattolici di tutto il mondo, Roma debba esser governata. Quindi egli vide sempre di mal occhio i vecchi impiegati governativi, nella infedeltà de’ quali vede il marcio del Governo pontificio, l’impotenza a contenere ed opprimere il partito Nazionale, non già nell intima natura di quello, nella legge di progressività dell’uman genere.