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delle carte rinvenute presso il Venanzi, le quali se poco o nulla affatto potevano aggravar lui che le riteneva, non fornivano prova alcuna della pretesa e predicata ingerenza del Governo italiano a Roma, le speranze caddero, le illusioni si dileguarono. E valga il vero: a che riduconsi tutte quelle carte delle quali via via si vien facendo menzione nella Relazione fiscale? Le più rilevanti son quelle relative alla soscrizione romana pel Monumento al conte di Cavour, ed a qualche rapporto sulle mene borboniche, che dal 1860 in poi si son venute facendo in Roma a danno delle provincie meridionali. Del resto, abbiamo una nota di oltre cinquemila nomi che il Processante, col dire e non dire, ha in seguito voluto far supporre che potesse essere una nota di proscrizione; ma che in realtà non è che un elenco di nomi fittizi composto, per commissione di un tal Michele Turchetta napolitano, che voleva con esso corbellare un tal Cecchetani, da un tal Antonio Rosati unitamente a Gio. Batt. Tofi copista in Roma, via degli Uffizi dello Eccell mo Vicario, n. 29, il quale ne ebbe in compenso paoli venticinque. Ciò risulta dagli esami formali a cui furono sottoposti dal Collemassi il Turchetta il 20 settembre 1862, ed il Tofi nel giorno successivo; esami che si leggono in quella parte del processo venuto in potere del Comitato, e precisamente al fog. 1886 al 1915 quanto al Turchetta; e al fog. 1916 al 1922 quanto al Tofi. Sul particolare di questa famosa nota giova osservare quanto sia fedele la Relazione fiscale, e quanta fede le si debba avere, non trovandosi in essa fatta menzione alcuna delle risultanze degli esami indicati, le quali pongono in evidenza essere quella nota null’altro che una truffa grossolana di scudi 50 che il Turchetta ed il Cecchettani volevano fare al Comitato Romano, il quale per altro, accortosi a prima vista dell’inganno, non pagò neppure un centesimo.

Ciò posto è evidente che nè le carte relative al monumento Cavour, nè i rapporti sul brigantaggio potevano dar materia ad un processo politico; imperocchè come non poteva dirsi atto di lesa maestà l’aver dato opera ad onorare la memoria di un uomo grandissimo