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all’anime dei morti di Castelfidardo; si troverebbero le biografie anzidette, varie liste di nomi, e la mia macchina di fotografia. Tutti questi oggetti però non sono nella sua camera, ma bensì nella fabbrica che trovasi in via del Vantaggio n.° 8, nella quale esso abita. Dimora questa al primo piano e la porta dell’appartamento si trova di fronte ad un lungo capo di scale; entrati in quella, vi è una salettina, si volta a mano destra e si passa per una piccola cucina che mette in altra piccola stanzetta che usa per pranzare, in fondo della quale vi è una porta che comunica con la fabbrica non ultimata. Entrati nella fabbrica devesi perquisire minutamente tutte le camere della fabbrica, avvertendo che i travi maestri sono tutti foderati all’uso di quelli di Gulmanelli. Una delle camere della fabbrica è piena d’impicci, l’altre son vuote: si guardi nelle sommità dei muri, che devono esservi vuoti, e nei buchi ove poggiano le travi. Li fratelli Luigi e Domenico Catufi sogliono alzarsi verso le 7 e mezzo antimeridiane, e recarsi alle 8 circa a lavorare a San Pietro, pitture che copiano dal loggiato di Raffaello. Luigi non è responsabile di cosa alcuna, solo sa che il fratello è del Partito. Domenico Catufi è alto, complesso ma giusto, bianco assai con due piccoli baffetti crescenti, occhi bianchi e capelli castagni; mentre l’altro è basso e grasso di, color giallognolo.
22 Marzo 1862.
Fin dal marzo 1861 pochi giorni dopo andato in esilio Luigi Gulmanelli, fu deliberato dal Comitato (o per dir meglio dai Dieci, perchè il Comitato lo ritengo come se non si trovasse o poco più) di provvedersi di alcuni così detti revolver incendiarii, allo scopo d’incendiare li stemmi pontifici la sera del 12 aprile 1861, onde far onta al Governo.1 Augusto Gulmanelli ne scrisse
- ↑ Questa storiella dei revolvers incendiari, ricevuta per vera in processo, si riduce ad una specie di stantuffo a tre becchi, rinvenuto presso il Venanzi, e fabbricato in Roma, per fare sulle mura esterne degli edificii delle strisce a tre colori.
C. N. R.