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P A R T E. 13


SONETTO XVIII.


V
Ergognando talor ch’ancor si taccia,

     Donna, per me vostra bellezza in rima,
     Ricorro al tempo ch’i’ vi vidi prima,
     4Tal che null’altra fia mai che mi piaccia.
Ma trovo peso non dalle mie braccia,
     Nè ovra da polir con la mia lima:
     Però l’ingegno, che sua forza estima,
     8Nell’operazion tutto s’agghiaccia.
Più volte già per dir le labbra apersi:
     Poi rimase la voce in mezzo ’l petto.
     11Ma qual suon poria mai salir tant’alto?
Più volte incominciai di scriver versi:
     Ma la penna, e la mano, e l’intelletto
     14Rimaser vinti nel primier’ assalto.



SONETTO XIX.


M
Ille fiate, o dolce mia guerrera,

     Per aver co’ begli occhi vostri pace
     V’aggio profferto il cor; m’a voi non piace
     4Mirar sì basso colla mente altera:
E se di lui fors’altra donna spera,
     Vive in speranza debile, e fallace:
     Mio, perchè sdegno ciò ch’a voi dispiace;
     8Esser non può giammai così com’era.
Or s’io lo scaccio, ed e’ non trova in voi
     Nell’esilio infelice alcun soccorso,
     11Nè sa star sol, nè gire ov’altr'l chiama;
Poria smarrire il suo natural corso:
     Che grave colpa fia d’ambeduo noi,
     14E tanto più di voi, quanto più v’ama.




CAN-