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SONETTO VI.


S
Ì traviato è ’l folle mio desio

     A seguitar costei, che ’n fuga è volta,
     E de’ lacci d’Amor leggiera, e sciolta
     4Vola dinanzi al lento correr mio:
Che quanto richiamando più l’envio
     Per la secura strada, men m’ascolta:
     Nè mi vale spronarlo, o darli volta;
     8Ch’Amor per sua natura il fa restio.
E poi che ’l fren per forza a sè raccoglie,
     I mi rimango in signoria di lui,
     11Che mal mio grado a morte mi trasporta,
Sol per venir al Lauro onde si coglie
     Acerbo frutto, che le piaghe altrui
     14Gustando, affligge più, che non conforta.


SONETTO VII.


L
A gola, e ’l sonno, e l’oziose piume

     Hanno del mondo ogni virtù sbandita,
     Ond’è dal corso suo quasi smarrita
     4Nostra natura vinta dal costume;
Ed è sì spento ogni benigno lume
     Del ciel, per cui s’informa umana vita;
     Che per cosa mirabile s’addita
     8Chi vuol far d’Elicona nascer fiume.
Qual vaghezza di Lauro? qual di Mirto?
     Povera, e nuda vai, Filosofia,
     11Dice la turba al vil guadagno intesa.
Pochi compagni avrai per l’altra via;
     Tanto ti prego più, gentile spirto,
     14Non lassar la magnanima tua impresa.




SO-