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DEL PETRARCA. xlv

tava, volentieri gli cedeva il secondo; intendendo per modestia che’l primo fosse di Dante.

Nè tacerò qui che, dolendosi col Boccaccio ch’alcuni sotto suo nome davano fuora composizioni, dice ancora ch’altri con le sue Rime vivevano, e però alcuni andavano a pregarlo che grazia lor ne facesse; le quali poi recitavano dove che fosse, e ne ritraevano vesti; ed altri presenti. Tal che ad un certo modo faceva delle sue composizioni elemosina.

Nello studio dell’istorie, e virtù morali si dilettò molto1, piacendogli più di ben vivere, che di sapere.

Ebbe tra gli altri buoni autori grande affezione a Santo Agostino, l’Opre del quale leggeva volentieri.

Ad Averroe, e suoi seguaci fu inimicissimo, e come empj li odiava. E scrive al Boccaccio2 aversi un giorno cacciato di camera uno scolare per le lodi che dava all’empie sentenzie d’Averroe. E di questa materia parlando3 dice: Quo plura contra Christi fidem dici audio, in Cristo sum firmior; & me de Christiano Christianissimum hæreticorum fecere blasphemiæ.

Non fu anche amico de’ medici di quel tempo, per la medesima cagione di seguire gli Arabi, ed in più luoghi ne fece con la penna4 fede.

Similmente a gli astrologhi nel giudicare non credette mai, e poca stima ne fece.

Studiò le morali d’Aristotile; il qual di-

ceva

  1. Nelle sen. lib. 2. Ep. 4. lib. 5. Ep. 2.
  2. Nelle sen. lib. 5. Ep. 3.
  3. De ignorantia col. 13.
  4. Lib. 12. senil. Ep. 2. col. 13.