Pagina:Le rime di M. Francesco Petrarca I.djvu/43

xliv V I T A


Cominciò per ischerzo, e per amore: ma poi col tempo s’avvide che in questo la sua fama s’appoggiava più che in altro; e però con gran cura v’attese, e ben disse nelle Rime1 che vedeva nel pensier’ i duo begli occhi ec. Rimaner dopo lui pien di faville.

Di questi studj appunto gli avvenne il contrario di quello aveva fatto nei Latini, i quali stimò da prima, e non poi: ma questi apprezzò poi, avendogli da principio in non gran conto.

Scrive2 al Boccaccio già vecchio pentirsi di non essersi dato tutto al volgare, nel quale era più signore del campo; dove i Latini nell’altro avevano già buon tempo ogni cosa occupato. Ed ha lasciato scritto Pietro Paolo Vergerio aver inteso da Coluzio Salutato Fiorentino, che fu secretario di Papa Urbano, ed amico del Petrarca, ch’a lui aveva detto come le sue composizioni tutte poteva migliorare assai, dalle Rime in poi, nelle quali s’era tanto alzato, che più non gli dava l’animo d’arrivarle. E veramente io ho veduto alcuni fogli di dette Rime di sua mano propria, nei quali si vede la grandissima cura ch’usava per la lima di quelle, ritoccandole, già vecchio, e dopo che composte le aveva, per venti e più anni; e meritamente n’acquistò gran lode eziandìo vivendo. Onde il Boccaccio, che in questa parte ancora di comporre in rima s’affaticò, e ne desiderava onore, visto che non s’appressava a M. Francesco, sbigottì, e venne in pensiero d’ardere quanto in ciò avea scritto, e lo comunicò al Petrarca; il quale lo consola, dicendo che, se del terzo luogo non si conten-

tava

  1. Parte I. Son. CLXX.
  2. Nelle sen. lib. 5. Ep. 2.