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DEL PETRARCA xliii

neca1, e Santo Agostino; di che molto si dilettava: e fece un suo stile familiare, col quale ogni cosa facilmente scriveva. E per questo allora tanto più era maraviglioso, e lo riputavano pari a gli antichi, cosa che sul fiorire lo fece stare sopra di sè; perchè il comun consenso nelle proprie lodi facilmente accieca gli uomini; nientedimeno si ravvide, e disse2 conoscere lo stile suo debole assai.

Nel verso Latino ancora fece molto, ed andò più innanzi, perchè non tanto si tramescolò con altri. Ed attese più a Virgilio, e con la sua Africa sperò far gran cose, e ritornare le Muse in Parnaso, come scrisse nel nono libro di quella; e fu per ciò coronato in Roma. In questa parte ancora, non ostante, la lode comune che’l mondo gli dava, col tempo il suo buon giudizio non s’ingannò, e vide che non era giunto al segno che bisognava; e dice uno scrittore dei più vecchj della vita sua aver inteso che, trovandosi il Petrarca in Verona, e sentendo cantare i versi della detta Africa ad alcuno che se ne dilettava, egli pianse, dolendosi non poterla ascondere affatto, così fu il suo giudizio maturo, ancorachè fosse nato a tempi assai per detto conto sterili; e per questo scrive3 che molte cose sue che non erano in mano d’altri, abbruciò.

Nella poesia delle Rime Toscane fu facile, siccome quello che nella lingua era nato, e vedeva anco degli altri compositori viventi al suo tempo, che davano sprone al suo bello ingegno da farsi avanti; oltrachè vide i Provenzali, i quali imitò, e superò di gran lunga.

Co-

  1. Nelle Fam. Ep. 63.
  2. Nell’Ep. alla posterità.
  3. Nel proemio delle fam.