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giorni che stette con M. Francesco, se ne tornò tutto contento a Pontremoli.

L’inclinazione di M. Francesco alle lettere sempre fu grande1, e rari furono quei giorni che non leggesse, o scrivesse, o pensasse, o ascoltasse qualche cosa bella; ma non già a tutte le sorti di studj si diede, che, come di sopra dissi, a quello delle leggi non si mise volentieri, ancorachè avesse maestri famosissimi a quel tempo in quella facoltà, che furono M. Cino da Pistoia, e M. Gio. Andrea Calderino Bolognese, al quale fu sempre amico,2 e si scrivevano: ad esso ringrazia Dio che non si fermò per questo più di quello che fece in Bologna; non già perchè le leggi in sè gli spiacessero, ma per il modo in che si trattavano; di che dice avere avuto lungo ragionamento con M. Oldrado da Lodi gran Giureconsulto. L’animo suo era più volto alle morali, all’istoria, ed alla rettorica, e sopra tutto alla poesia; per la quale si vede ch’era nato; e diceva tra sè3 Tentanda via est qua me quoque possim tollere homo; ed a questi studj si volse con ogni potere. E per esser allora la lingua Latina quasi sepolta, esso fu il primo che la scoprisse: e in prosa, ed in verso componeva assai; per lo quale rispetto fu nominato con onor suo per tutta Europa. E vera cosa è ch’al verso, de’ Latini parlando, fu più atto che alla prosa, nella quale non fece gran fondamento di stile pulito, per la varia, e molto difforme lezione che faceva, leggendo non solo Cicerone, e gl’istorici, ma Se-

neca

  1. De ignorantia col.8.
  2. Nelle famil. Ep. 64.
  3. Nelle sen. lib. 16. Ep. 6.