Volgerà il sol non pure anni ma lustri
E secoli, vittor d’ogni cerebro, 105E vedrà il vaneggiar di questi illustri.
Quanti fur chiari tra Peneo ed Ebro
Che son venuti e verran tosto meno!
Quanti sul Xanto e quanti in val di Tebro!
Un dubbio, iberno, instabile sereno, 110È vostra fama, e poca nebbia il rompe;
E ’l gran tempo a’ gran nomi è gran veneno.
Passan vostre grandezze e vostre pompe,
Passan le signorie, passano i regni;
Ogni cosa mortal Tempo interrompe, 115E ritolta a’ men buon, non dà a’ più degni;
E non pur quel di fuori il Tempo solve,
Ma le vostre eloquenzie e’ vostri ingegni.
Così fuggendo il mondo seco volve,
Né mai si posa né s’arresta o torna, 120Finché v’ha ricondotti in poca polve.
Or, perché umana gloria ha tante corna,
Non è mirabil cosa s’a fiaccarle
Alquanto oltra l’usanza si soggiorna;
Ma quantunque si pensi il vulgo o parle, 125Se ’l viver vostro non fusse sì breve,
Tosto vedresti in fumo ritornarle. -
Udito questo, perché al ver si deve
Non contrastar ma dar perfetta fede,
Vidi ogni nostra gloria al sol di neve; 130E vidi il Tempo rimenar tal prede
De’ nostri nomi, ch’io gli ebbi per nulla,
Benché la gente ciò non sa né crede:
Cieca, che sempre al vento si trastulla
E pur di false opinïon si pasce, 135Lodando più il morir vecchio che ’n culla.
Quanti son già felici morti in fasce!
Quanti miseri in ultima vecchiezza!
Alcun dice: - Beato chi non nasce. -