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314 DEL TRIONFO

Erodoto di greca istoria padre
     Vidi, e dipinto il nobil geometra
     Di triangoli e tondi e forme quadre;
E quel che ’nver di noi divenne petra,
     Porfirio, che d’acuti silogismi
     Empié la dïalettica faretra
Facendo contra ’l vero arme i sofismi;
     E quel di Coo che fe’ vie miglior l’opra,
     Se bene intesi fusser gli aforismi.
Apollo et Esculapio gli son sopra,
     Chiusi ch’a pena il viso gli comprende,
     Sì par che i nomi il tempo limi e copra.
Un di Pergamo il segue, e in lui pende
     L’arte guasta fra noi, allor non vile,
     Ma breve e ’scura; e’ la dichiara e stende.
Vidi Anasarco intrepido e virile,
     E Senocrate più saldo ch’un sasso
     Che nulla forza volse ad atto vile;
Vidi Archimede star col viso basso
     E Democrito andar tutto pensoso
     Per suo voler di lume e d’oro casso;
Vidi Ippia, il vecchiarel che già fu oso
     Dir: - Io so tutto, - e poi di nulla certo
     Ma d’ogni cosa Archesilao dubbioso;
Vidi in suoi detti Eraclito coverto,
     E Dïogene cinico in suo’ fatti,
     Assai più che non vuol vergogna, aperto;
E quel che lieto i suoi campi disfatti
     Vide e deserti, d’altre merci carco,
     Credendo averne invidïosi patti.
Ivi era il curïoso Dicearco,
     Ed in suo’ magisteri assai dispari
     Quintilïano e Seneca e Plutarco.
Vidivi alquanti ch’han turbati i mari
     Con venti avversi e con ingegni vaghi,
     Non per saver ma per contender chiari,