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DELLA MORTE CAP I. 295

Poi col ciglio men torbido e men fosco
     Disse: - Tu che la bella schiera guidi
     Pur non sentisti mai del mio tosco.
Se del consiglio mio punto ti fidi,
     65Ché sforzar posso, egli è pur il migliore
     Fuggir vecchiezza e’ suoi molti fastidi.
I’ son disposta a farti un tal onore
     Qual altrui far non soglio, e che tu passi
     Senza paura e senz’alcun dolore. -
70- Come piace al Signor che ’n cielo stassi
     Et indi regge e tempra l’universo,
     Farai di me quel che degli altri fassi. -
Così rispose: ed ecco da traverso
     Piena di morti tutta la campagna,
     75Che comprender nol pò prosa né verso;
Da India, dal Cataio, Marrocco e Spagna
     El mezzo avea già pieno e le pendici
     Per molti tempi quella turba magna.
Ivi eran quei che fur detti felici,
     80Pontefici, regnanti, imperadori;
     Or sono ignudi, miseri e mendici.
U’ sono or le ricchezze? u’ son gli onori
     E le gemme e gli scettri e le corone
     E le mitre e i purpurei colori?
85Miser chi speme in cosa mortal pone
     (ma chi non ve la pone?), e se si trova
     A la fine ingannato è ben ragione.
O ciechi, el tanto affaticar che giova?
     Tutti tornate a la gran madre antica,
     90E ’l vostro nome a pena si ritrova.
Pur de le mill’ è un’utile fatica,
     Che non sian tutte vanità palesi?
     Chi intende a’ vostri studii sì mel dica.
Che vale a soggiogar gli altrui paesi
     95E tributarie far le genti strane
     Cogli animi al suo danno sempre accesi?