25Stelle chiare pareano; in mezzo, un sole
Che tutte ornava e non togliea lor vista;
Di rose incoronate e di viole.
E come gentil cor onore acquista,
Così venia quella brigata allegra, 30Quando vidi un’insegna oscura e trista:
Et una donna involta in veste negra,
Con un furor qual io non so se mai
Al tempo de’ giganti fusse a Flegra,
Si mosse e disse: - O tu, donna, che vai 35Di gioventute e di bellezze altera,
E di tua vita il termine non sai,
Io son colei che sì importuna e fera
Chiamata son da voi, e sorda e cieca
Gente a cui si fa notte inanzi sera. 40Io ho condotto al fin la gente greca
E la troiana, a l’ultimo i Romani,
Con la mia spada la qual punge e seca,
E popoli altri barbareschi e strani;
E giugnendo quand’altri non m’aspetta, 45Ho interrotti mille penser vani.
Or a voi, quando il viver più diletta,
Drizzo il mio corso inanzi che Fortuna
Nel vostro dolce qualche amaro metta. -
- In costor non hai tu ragione alcuna, 50Ed in me poca; solo in questa spoglia
(rispose quella che fu nel mondo una).
Altri so che n’avrà più di me doglia,
La cui salute dal mio viver pende;
A me fia grazia che di qui mi scioglia. - 55Qual è chi ’n cosa nova gli occhi intende,
E vede ond’al principio non s’accorse,
Di ch’or si meraviglia e si riprende,
Tal si fe’ quella fera, e poi che ’n forse
Fu stata un poco: - Ben le riconosco, - 60Disse - e so quando ’l mio dente le morse. -