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276 DEL TRIONFO

Vari di lingue e vari di paesi,
     140Tanto che di mille un non seppi ’l nome,
     E fanno istoria que’ pochi ch’intesi.
Perseo era l’uno, e volsi saper come
     Andromeda gli piacque in Etiopia,
     Vergine bruna i begli occhi e le chiome;
145Ivi ’l vano amador che la sua propia
     Bellezza desiando fu distrutto,
     Povero sol per troppo averne copia,
Che divenne un bel fior senz’alcun frutto;
     E quella che, lui amando, ignuda voce
     150Fecesi e ’l corpo un duro sasso asciutto;
Ivi quell’altro al suo mal sì veloce,
     Ifi, ch’amando altrui in odio s’ebbe,
     Con più altri dannati a simil croce,
Gente cui per amar viver increbbe,
     155Ove raffigurai alcun moderni
     Ch’a nominar perduta opra sarebbe.
Que’ duo che fece Amor compagni eterni,
     Alcïone e Ceìce, in riva al mare
     Far i lor nidi a’ più soavi verni;
160Lungo costor pensoso Esaco stare
     Cercando Esperia, or sopra un sasso assiso,
     Et or sotto acqua, et or alto volare;
E vidi la crudel figlia di Niso
     Fuggir volando, e correr Atalanta,
     165Da tre palle d’or vinta e d’un bel viso;
E seco Ipomenès che fra cotanta
     Turba d’amanti miseri cursori
     Sol di vittoria si rallegra e vanta.
Fra questi fabulosi e vani amori
     170Vidi Aci e Galatea, che ’n grembo gli era,
     E Polifemo farne gran romori;
Glauco ondeggiar per entro quella schiera,
     Senza colei cui sola par che pregi,
     Nomando un’altr’amante acerba e fera;