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Non tardar, ch’i’ son forse a l’ultim'anno.
I dì miei più correnti che saetta,
90Fra miserie, e peccati
Sonsen’ andati; e sol Morte n’aspetta.
Vergine, tale è terra, e posto ha in doglia
Lo mio cor, che vivendo in pianto il tenne;
E di mille miei mali un non sapea;
95E per saperlo, pur quel che n’avenne,
Fora avvenuto: ch’ogni altra sua voglia
Era a me morte, ed a lei fama rea.
Or tu, Donna del Ciel, tu nostra Dea,
Se dir lice, e convensi;
100Vergine d’alti sensi,
Tu vedi il tutto; e quel che non potea
Far altri, è nulla a la tua gran virtute:
Por fine al mio dolore;
Ch’a te onore, ed a me fia salute.
105Vergine, in cui ho tutta mia speranza,
Che possi, e vogli al gran bisogno aitarme;
Non mi lasciare in su l’estremo passo:
Non guardar, me, ma chi degnò crearme:
No ’l mio valor, ma l’alta sua sembianza,
110Ch’è in me, ti mova a curar d’uom sì basso.
Medusa, e l’error mio m’han fatto un sasso
D’umor vano stillante:
Vergine, tu di sante
Lagrime, e pie adempi ’l mio cor lasso;
115Ch’almen l’ultimo pianto sia divoto,
Senza terrestro limo;
Come fu ’l primo non d’insania voto.
Vergine umana, e nemica d’orgoglio,
Del comune principio amor t’induca;
120Miserere d’un cor contrito umile:
Che se poca mortal terra caduca
Amar con sì mirabil fede soglio;
Che devrò far di te, cosa gentile?
Se