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SONETTO CCCXIII.
I quai posi in amar cosa mortale,
Senza levarmi a volo, abbiend’io l’ale,
4Per dar forse di me non bassi exempi.
Tu che vedi i miei mali indegni et empi,
Re del cielo invisibile immortale,
Soccorri a l’alma disvïata et frale,
8E ’l suo defecto di tua gratia adempi:
Sì che, s’io vissi in guerra et in tempesta,
Mora in pace et in porto; et se la stanza
11Fu vana, almen sia la partita honesta.
A quel poco di viver che m’avanza
Et al morir, degni esser Tua man presta:
14Tu sai ben che ’n altrui non ò speranza.
SONETTO CCCXIV.
Piene di casto amore et di pietate;
Leggiadri sdegni, che le mie infiammate
4Voglie tempraro ( or me n’accorgo), e ’nsulse;
Gentil parlar, in cui chiaro refulse
Con somma cortesia somma honestate;
Fior di vertù, fontana di beltate,
8Ch’ogni basso penser del cor m’avulse;
Divino sguardo da far l’uom felice,
Or fiero in affrenar la mente ardita
11A quel che giustamente si disdice,
Or presto a confortar mia frale vita:
Questo bel varïar fu la radice
14Di mia salute, ch’altramente era ita.