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P A R T E . | 217 |
SONETTO CCLXIV.
Che più bel mai non seppe ordir Natura,
Pon’ dal ciel mente a la mia vita oscura,
4Da sì lieti pensieri a pianger volta.
La falsa opinïon dal cor s’è tolta,
Che mi fece alcun tempo acerba et dura
Tua dolce vista: omai tutta secura
8Volgi a me gli occhi, e i miei sospiri ascolta.
Mira ’l gran sasso, donde Sorga nasce,
Et vedra’vi un che sol tra l’erbe et l’acque
11Di tua memoria et di dolor si pasce.
Ove giace il tuo albergo, et dove nacque
Il nostro amor, vo’ ch’abbandoni et lasce,
14Per non veder ne’ tuoi quel ch’a te spiacque.
SONETTO CCLXV.
Di gire al ciel con glorïosi passi,
Tornando al sommo Sole, in pochi sassi
4Chiuse ’l mio lume e ’l suo carcer terrestro:
Ond’io son fatto un animal silvestro,
Che co pie’ vaghi, solitarii et lassi
Porto ’l cor grave et gli occhi humidi et bassi
8Al mondo, ch’è per me un deserto alpestro.
Così vo ricercando ogni contrada
Ov’io la vidi; et sol tu che m’affligi,
11Amor, vien meco, et mostrimi ond’io vada.
Lei non trov’io: ma suoi santi vestigi
Tutti rivolti a la superna strada
14Veggio, lunge da’ laghi averni et stigi.
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