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P A R T E . | 215 |
SONETTO CCLX.
Fiume che spesso del mio pianger cresci,
Fere selvestre, vaghi augelli et pesci,
4Che l’una et l’altra verde riva affrena,
Aria de’ miei sospir’ calda et serena,
Dolce sentier che sì amaro rïesci,
Colle che mi piacesti, or mi rincresci,
8Ov’anchor per usanza Amor mi mena:
Ben riconosco in voi l’usate forme,
Non, lasso, in me, che da sì lieta vita
11Son fatto albergo d’infinita doglia.
Quinci vedea ’l mio bene; et per queste orme
Torno a veder ond’al ciel nuda è gita,
14Lasciando in terra la sua bella spoglia.
SONETTO CCLXI.
Quella ch’io cerco, et non ritrovo in terra:
Ivi, fra lor che ’l terzo cerchio serra,
4La rividi più bella et meno altera.
Per man mi prese, et disse: - In questa spera
Sarai anchor meco, se ’l desir non erra:
I’ so’ colei che ti die’ tanta guerra,
8Et compie’ mia giornata inanzi sera.
Mio ben non cape in intelletto humano:
Te solo aspetto, et quel che tanto amasti
11E là giuso è rimaso, il mio bel velo. -
Deh perchè tacque, et allargò la mano?
Ch’al suon de’ detti sì pietosi et casti
14Poco mancò ch’io non rimasi in cielo.