Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta. |
P A R T E . | 211 |
SONETTO CCLII.
Fossin le voci de’ sospir’ miei in rima,
Fatte l’avrei, dal sospirar mio prima,
4In numero più spesse, in stil più rare.
Morta colei che mi facea parlare,
Et che si stava de’ pensier’ miei in cima,
Non posso, et non ò più sì dolce lima,
8Rime aspre et fosche far soavi et chiare.
Et certo ogni mio studio in quel tempo era
Pur di sfogare il doloroso core
11In qualche modo, non d’acquistar fama.
Pianger cercai, non già del pianto honore:
Or vorrei ben piacer; ma quella altera
14Tacito stanco dopo sè mi chiama.
SONETTO CCLIII.
Com’altra donna in loco humile et basso:
Or son fatto io per l’ultimo suo passo
4Non pur mortal, ma morto, et ella è diva.
L’alma d’ogni suo ben spogliata et priva,
Amor de la sua luce ignudo et casso
Devrian de la pietà romper un sasso,
8Ma non è chi lor duol riconti o scriva:
Chè piangon dentro, ov’ogni orecchia è sorda,
Se non la mia, cui tanta doglia ingombra,
11Ch’altro che sospirar nulla m’avanza.
Veramente siam noi polvere et ombra,
Veramente la voglia cieca e ’ngorda,
14Veramente fallace è la speranza.