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210 S E C O N D A

SONETTO CCL.


Q
Uand’io veggio dal ciel scender l’Aurora

     Co la fronte di rose et co’ crin’ d’oro,
     Amor m’assale, ond’io mi discoloro,
     4Et dico sospirando: Ivi è Laura ora.
O felice Titon, tu sai ben l’ora
     Da ricovrare il tuo caro tesoro:
     Ma io che debbo far del dolce alloro?
     8Che se ’l vo’ riveder, conven ch’io mora.
I vostri dipartir’ non son sì duri,
     Ch’almen di notte suol tornar colei
     11Che non â schifo le tue bianche chiome:
Le mie notti fa triste, e i giorni oscuri,
     Quella che n’à portato i penser’ miei,
     14Nè di sè m’à lasciato altro che ’l nome.



SONETTO CCLI.


G
Li occhi di ch’io parlai sì caldamente,

     Et le braccia et le mani et i piedi e ’l viso,
     Che m’avean sì da me stesso diviso,
     4Et fatto singular da l’altra gente;
Le crespe chiome d’òr puro lucente
     E ’l lampeggiar de l’angelico riso,
     Che solean fare in terra un paradiso,
     8Poca polvere son, che nulla sente.
Et io pur vivo, onde mi doglio et sdegno,
     Rimaso senza ’l lume ch’amai tanto,
     11In gran fortuna e ’n disarmato legno.
Or sia qui fine al mio amoroso canto:
     Secca è la vena de l’usato ingegno,
     14Et la cetera mia rivolta in pianto.