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P A R T E . | 209 |
SONETTO CCXLVIII.
Ch’ebbe qui ’l ciel sì amico et sì cortese,
Anzi tempo per me nel suo paese
4È ritornata, et a la par sua stella.
Or comincio a svegliarmi, et veggio ch’ella
Per lo migliore al mio desir contese,
Et quelle voglie giovenili accese
8Temprò con una visita dolce et fella.
Lei ne ringratio, e ’l suo alto consiglio,
Che col bel viso et co’ soavi sdegni
11Faceami ardendo pensar mia salute.
O leggiadre arti et lor effetti degni,
L’un co la lingua oprar, l’altra col ciglio,
14Io gloria in lei, et ella in me virtute!
SONETTO CCXLIX.
Quel che più mi dispiaque; or veggio et sento
Che per aver salute ebbi tormento,
4Et breve guerra per eterna pace.
O speranza, o desir sempre fallace,
Et degli amanti più ben per un cento!
O quant’era il peggior farmi contento
8Quella ch’or siede in cielo, e ’n terra giace!
Ma ’l ceco Amor et la mia sorda mente
Mi travïavan sì, ch’andar per viva
11Forza mi convenia dove morte era.
Benedetta colei ch’a miglior riva
Volse il mio corso, et l’empia voglia ardente
14Lusingando affrenò perch’io non pèra.