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206 | S E C O N D A |
SONETTO CCXLII.
Che mai si vide, e i più begli occhi spenti;
Spirto più acceso di vertuti ardenti
4Del più leggiadro et più bel nodo ài sciolto.
In un momento ogni mio ben m’ài tolto,
Post’ài silenzio a’ più soavi accenti
Che mai s’udiro, et me pien di lamenti:
8Quant’io veggio m’è noia, et quand’io ascolto.
Ben torna a consolar tanto dolore
Madonna, ove Pietà la riconduce:
11Nè trovo in questa vita altro soccorso.
Et se come ella parla, et come luce,
Ridir potessi, accenderei d’amore,
14Non dirò d’uom, un cor di tigre o d’orso.
SONETTO CCXLIII.
Che mi rendon madonna così morta,
Ch’al gran dolor la medicina è corta:
4Pur, mentr’io veggio lei, nulla mi nòce.
Amor, che m’à legato et tienmi in croce,
Trema quando la vede in su la porta
De l’alma ove m’ancide, anchor sì scorta,
8Sì dolce in vista et sì soave in voce.
Come donna in suo albergo altèra vène,
Scacciando de l’oscuro et grave core
11Co la fronte serena i pensier’ tristi.
L’alma, che tanta luce non sostene,
Sospira et dice: - O benedette l’ore
14Del dì che questa via con li occhi apristi! -