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198 | SECONDA |
40E poi che l’alma è in sua ragion più forte;
Rendi agli occhi, a gli orecchi il proprio obbietto;
Senza ’l qual’, imperfetto
È lor’oprar’, e ’l mio viver’è morte.
Indarno or sopra me tua forza adopre;
45Mentre ’l mio primo amor terra ricopre.
Fa ch’io riveggia il bel guardo ch’un Sole
Fu sopra ’l ghiaccio, ond’io solea gir carco.
Fa’ ch’io ti trovi al varco;
Onde senza tornar passò ’l mio core.
50Prendi i dorati strali, e prendi l’arco;
E facciamisi udir, sì come sole,
Col suon de le parole
Nelle quali io ’mparai, che cosa è amore.
Movi la lingua ov’erano a tutt’ore
55Disposti gli ami ov’io fui preso, e l’esca
Ch’i’ bramo sempre: e i tuoi lacci nascondi
Fra i capei crespi, e biondi:
Che ’l mio voler altrove non s’invesca.
Spargi con le tue man le chiome al vento:
60Ivi mi lega; e puomi far contento.
Dal laccio d’or non fia mai chi mi scioglia
Negletto ad arte, e ’nnanellato ed irto;
Nè dell’ardente spirto
Della sua vista dolcemente acerba;
65La qual dì, e notte, più che lauro, o mirto,
Tenea in me verde l’amorosa voglia;
Quando si veste, e spoglia
Di fronde il bosco, e la campagna d’erba.
Ma poi che Morte è stata sì superba,
70Che spezzò ’l nodo ond’io temea scampare;
Nè trovar puoi, quantunque gira il mondo,
Di che ordischi ’l secondo,
Che giova, Amor, tuo’ ingegni ritentare?
Passata è la stagion: perduto hai l’arme
75Di ch’io tremava omai che puoi tu farme?