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P A R T E . | 191 |
Vergogna, e duol, che ’ndietro mi rivolve;
125Dall’altro non m’assolve
Un piacer per usanza in me sì forte,
Ch’a patteggiar n’ardisce con la Morte.
Canzon, qui sono; ed ho ’l cor via più freddo,
Della paura, che gelata neve,
130Sentendomi perir senz’alcun dubbio:
Che pur deliberando, ho volto al subbio
Gran parte omai de la mia tela breve;
Nè mai peso fu greve,
Quanto quel ch’i’ sostengo in tale stato;
135Chè con la Morte a lato
Cerco del viver mio novo consiglio;
E veggio ’l meglio, e al peggior m’appiglio.
SONETTO CCXXVI.
In dolce, umile, angelica figura,
Se l’impreso rigor gran tempo dura,
4Avran di me poco onorata spoglia:
Che quando nasce, e mor fior’, erba e foglia;
Quando è ’l dì chiaro, e quando è notte oscura,
Piango ad ognor. Ben ho di mia ventura,
8Di Madonna, e d’Amore onde mi doglia.
Vivo sol di speranza, rimembrando
Che poco umor già per continua prova
11Consumar vidi marmi, e pietre salde.
Non è sì duro cor, che lagrimando,
Pregando, amando, talor non si smova;
14Nè sì freddo voler, che non si scalde.