Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
P A R T E . | 187 |
SONETTO CCXXV.
Onor d’imperadori, e di poeti;
Quanti m’hai fatto dì dogliosi, e lieti
4In questa breve mia vita mortale!
Vera Donna, ed a cui di nulla cale,
Se non d’onor, che sovr’ogni altra mieti;
Nè d’Amor visco temi, o lacci, o reti,
8Nè ’nganno altrui contra'l tuo senno vale.
Gentilezza di sangue, e l’altre care
Cose tra noi, perle, e rubini, ed oro,
11Quasi vil soma, egualmente dispregi.
L’alta beltà ch’al mondo non ha pare,
Noja te, se non quanto il bel tesoro
14Di castità par ch’ella adorni, e fregi.
CANZONE XXXIX.
Una pietà sì forte di me stesso,
Che mi conduce spesso
Ad altro lagrimar ch’i’ non soleva:
5Che vedendo ogni giorno il fin più presso,
Mille fïate ho chieste a Dio quell’ale
Con le quai del mortale
Carcer nostr'intelletto al Ciel si leva:
Ma infin'a qui niente mi rileva
10Prego, o sospiro, o lagrimar ch’io faccia:
E così per ragion convien che sia:
Che chi possendo star, cadde tra via,
Degno, che mal suo grado a terra giaccia.
Quelle pietose braccia