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SONETTO CCXXIII.
Di senno, di valor, di cortesia,
Miri fiso negli occhi a quella mia
4Nemica che mia Donna il mondo chiama.
Come s’acquista onor, come Dio s’ama,
Com’è giunta onestà con leggiadria,
Ivi s’impara; e qual’è dritta via
8Di gir’al Ciel, che lei aspetta, e brama;
Ivi ’l parlar che nullo stile aguaglia;
E ’l bel tacer, e quei santi costumi,
11Ch’ingegno uman non può spiegar in carte.
L’infinita belleza ch’altrui abbaglia,
Non vi s’impara: che quei dolci lumi
14S’acquistan per ventura, e non per arte.
SONETTO CCXXIV.
Vera onestà, che ’n bella donna sia.
L’ordine volgi: e’ non fur, madre mia,
4Senz’onestà mai cose belle, o care:
E qual donna si lascia di suo onor privare,
Nè donna è più, nè viva; e se qual pria,
Appare in vista, e tal vita aspra, e ria
8Via più che morte, e di più pene amare:
Nè di Lucrezia mi meravigliai;
Se non, come a morir le bisognasse
11Ferro, e non le bastasse il dolor solo. Vengan quanti filosofi fur mai
A dir di ciò, tutte lor vie fien basse;
14E quest’una vedremo alzarsi a volo.