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SONETTO CCXIX.


I
N quel bel viso ch’i’ sospiro, e bramo,

     Fermi eran gli occhi desiosi, e ’ntensi:
     Quand'Amor porse, quasi a dir Che pensi?
     4Quell'onorata man che secondo amo.
Il cor preso ivi, come pesce all’amo;
     Onde a ben far per vivo exempio viensi;
     Al ver non volse li occupati sensi:
     8O come novo augello al visco in ramo:
Ma la vista privata del suo obbietto,
     Quasi sognando, si facea far via;
     11Senza la qual’l suo ben'è imperfetto;
L’alma tra l’una, e l’altra gloria mia
     Qual celeste non so novo diletto,
     14E qual strania dolcezza si sentia.



SONETTO CCXX.


V
Ive faville uscian de’ duo bei lumi

     Ver me sì dolcemente folgorando
     E parte d’un cor saggio sospirando,
     4D’alta eloquenza sì soavi fiumi;
Che pur'il rimembrar par mi consumi,
     Qual'ora a quel dì torno ripensando,
     Come venieno i miei spirti mancando
     8Al variar de’ suoi duri costumi.
L’alma nudrita sempre in doglie, e ’n pene
     (Quant'è ’l poter d’una prescritta usanza!)
     11Contra ’l doppio piacer sì ’nferma fue;
Ch’al gusto sol del disusato bene
     Tremando or di paura, or di speranza
     14D’abbandonarmi fu spesso intra due.