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scere più l’anima che i sensi, volle ridursi a Venezia, vedendo tuttavia continuare le guerre in Lombardia, senza speranza di pace.
In Venezia avea1, com’è detto, casa, ed a Padova un Canonicato, e dall’uno all’altro luogo andava senza discomodo, e piacevagli starsi alle volte in Arquato, villa su i colli di Padova, ove s’aveva a suo gusto fabbricata una casa per godere la solitudine, conforme al desiderio suo naturale: e buona parte del tempo stava in Venezia; e continuò quella vita fino a tanto che tra i Signori Veneziani2, e il Signor Francesco da Carrara si ruppe la guerra; al qual tempo parve al Petrarca, per torre ogni sospetto che qualche maligno avesse potuto pigliare, di ridursi ad Arquato, e servire, come poteva, alle volte al suo Canonicato in Padova. Ed ancorachè in quel tempo Urbano V passasse d’Avignone a Roma, ed invitasse con grandissima instanza il Petrarca ad esser seco, non per affaticarlo, come scriveva, ma solo per onorarne la Corte, e trattarlo bene; nientedimeno, essendo già vecchio, e mal sano, non si partì; e ne fece scusa col Papa3: attendendo tuttavia alle lettere sacre, ed a morire, come diceva, in porto, essendo vissuto in tempesta. E così tra’ suoi santi pensieri, e con gli amici suoi cari, ch’alle volte lo visitavano in Arquato, tra’ quali era il Signor medesimo di Padova, andava verso la fine, sentendo ogni dì il corpo più fiacco, e dalle malattie, com’esso dice, assediato; che tanto più di
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