Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
SONETTO CXXXVII.
E l’aer nostro, e la mia mente imbruna;
Col cielo, e con le stelle, e con la luna
4Un’angosciosa, e dura notte innarro:
Poi, lasso, a tal che non m’ascolta, narro,
Tutte le mie fatiche ad una ad una,
E col mondo, e con mia cieca fortuna,
8Con Amor, con Madonna, e meco garro.
Il sonno è ’n bando; e del riposo è nulla:
Ma sospiri, e lamenti infin' all’alba,
11E lagrime, che l’alma a li occhi invia.
Vien poi l’aurora, e l’aura fosca inalba,
Me nò, ma ’l sol che ’l cor m’arde, e trastulla,
14Quel può solo addolcir la doglia mia.
SONETTO CLXXXVIII.
Un languir dolce, un desiar cortese;
S’oneste voglie in gentil foco accese;
4S'un lungo error' in cieco laberinto;
Se nella fronte ogni pensier dipinto,
Od in voci interrotte appena intese,
Or da paura, or da vergogna offese;
8S’un pallor di viola, e d’amor tinto;
S’aver altrui più caro, che sè stesso;
Se lagrimar, e sospirar mai sempre;
11Pascendosi di duol, d’ira, e d’affanno;
S’arder da lunge, e agghiacciar da presso;
Son le cagion ch’amando i’ mi distempre,
14Vostro, donna, ’l peccato, e mio fia ’l danno.