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P A R T E . 161

SONETTO CLXXIX.


I
N nobil sangue vita umìle, e queta,

     Ed in alto intelletto un puro core;
     Frutto senile in sul giovenil fiore,
     4E ’n aspetto pensoso anima lieta,
Raccolto ha ’n questa Donna il suo pianeta,
     Anzi ’l Re delle stelle; e ’l vero onore,
     Le degne lode, e ’l gran pregio, e ’l valore,
     8Ch’è da stancar ogni divin poeta.
Amor s’è in lei con onestate aggiunto;
     Con beltà naturale abito adorno;
     11Ed un' atto che parla con silenzio;
E non so che negli occhi, che ’n un punto
     Può far chiara la notte, oscuro il giorno,
     14E l’ mel' amaro, ed addolcir l’assenzio.



SONETTO CLXXX.


T
Utto ’l dì piango; e poi la notte, quando

     Prendon riposo i miseri mortali,
     Trovomi in pianto; e raddoppiansi i mali:
     4Così spendo ’l mio tempo lagrimando.
In tristo umor vo li occhi comsumando,
     E ’l cor in doglia; e son fra li animali
     L’ultimo, sì che li amorosi strali
     8Mi tengon' ad ognor di pace in bando.
Lasso; che pur dall’uno all’altro Sole,
     E dall’un'ombra all’altra, ho già ’l più corso
     11Di questa morte che si chiama vita.
Più l’altrui fallo che ’l mio mal mi dole:
     Che pietà viva, e ’l mio fido soccorso,
     14Vedem’ arder nel foco, e non m’aita.