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SONETTO CLXXVI.
Piacer mi tira: usanza mi trasporta:
Speranza mi lusinga, e riconforta,
4E la man destra al cor già stanco porge:
Il misero la prende; e non s’accorge
Di nostra cieca, e disleale scorta:
Regnano i sensi; e la ragion' è morta:
8Dell’un vago desio l’altro risorge.
Virtute, onor, bellezza, atto gentile,
Dolci parole ai bei rami m’han giunto
11Ove soavemente il cor s’invesca.
Mille trecento ventisette appunto
Su l’ora prima, il dì sesto d’Aprile,
14Nel labirinto intrai, nè veggio ond’esca.
SONETTO CLXXVII.
D’abbracciar l’ombre, e seguir l’aura estiva,
Nuoto per mar che non ha fondo, o riva:
4Solco onde, e ’n rena fondo, e scrivo in vento;
E ’l Sol vagheggio sì, ch’ehli ha già spento
Col suo splendor la mia vertù visiva;
Ed una cerva errante, fuggitiva
8Caccio con un bue zoppo, e ’nfermo, e lento.
Cieco, e stanco ad ogni altro, ch’al mio danno;
Il qual dì, e notte palpitando cerco;
11Sol' Amor, e Madonna, e Morte chiamo.
Così venti anni (grave, e lungo affanno!)
Pur lagrime, e sospiri, e dolor merco:
14In tale stella presi l’esca, e l’hamo.