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154 | P R I M A |
Ch’ in questa età mi fa divenir ladro
Del bel lume leggiadro
10Senza ’l qual non vivrei in tanti affanni:
Così avess’io i prim'anni
Preso lo stil ch’or prender mi bisogna;
Che 'n giovenil fallire è men vergogna.
Gli occhi soavi ond’io soglio aver vita,
15Delle divine lor' alte bellezze
Furmi in sul cominciar tanto cortesi;
Che ’n guisa d’uom cui non proprie ricchezze,
Ma celato di for soccorso aita,
Vissimi: che nè lor, nè altri offesi.
20Or; bench’a me ne pesi;
Divento ingiurioso, e importuno:
Che ’l poverel digiuno
Vien' ad atto talor ch'in miglior stato
Avria in altrui biasmato.
25Se le man di pietà invidia m’ha chiuse;
Fame amorosa, e ’l non poter mi scuse.
Ch’io ho cercate già vie più di mille,
Per provar senza lor, se mortal cosa
Mi potesse tener in vita un giorno:
30L’anima, poi ch’altrove non ha posa,
Corre pur' all’angeliche faville;
Ed io, che son di cera, al foco torno;
E pongo mente intorno
Ove si fa men guardia a quel ch’i’ bramo;
35E come augello in ramo,
Ove men teme, ivi più tosto è colto;
Così dal suo bel volto
L’involo or'uno, ed or un'altro sguardo;
E di ciò inseme mi nutrico, ed ardo.
40Di mia morte mi pasco, e vivo in fiamme;
Stranio cibo, e mirabil salamandra!
Ma miracol non è, da tal si vole.
Felice agnello alla penosa mandra