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SONETTO CLXV.
L’auro ch’Amor di sua man fila, e tesse;
Là da’ begli occhi, e dalle chiome stesse
4Lega ’l cor lasso, e i levi spirti cribra.
Non ho midolla in osso, o sangue in fibra,
Ch’i’ non senta tremar; pur ch’i’ m’appresse
Dov'è chi morte, e vita inseme spesse
8Volte in frale bilancia appende, e libra;
Vedendo arder i lumi ond’io m’accendo;
E folgorar i nodi ond’io son preso,
11Or su l’omero destro, ed or sul manco.
I’ nol posso ridir; chè nol comprendo;
Da ta’ due luci è l’intelletto offeso,
14E di tanta dolcezza oppresso, e stanco.
SONETTO CLXVI.
E ’n poco spazio la mia vita chiudi;
Man', ov’ogni arte, e tutti i lor studi
4Poser Natura, e ’l Ciel per farsi onore;
Di cinque perle oriental colore,
E sol ne le mie piaghe acerbi, e crudi,
Diti schietti soavi; a tempo ignudi
8Consente or voi, per arricchirmi Amore.
Candido, leggiadretto, e caro guanto,
Che copria netto avorio, e fresche rose;
11Chi vide al mondo mai sì dolci spoglie?
Così avess’io del bel velo altrettanto.
O incostanza dell’umane cose!
14Pur questo è furto; e vien chi me ne spoglie.