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SONETTO CLIII.
Quel Sole il qual vegg’io con gli occhi miei,
Tutte lor forze in dar fama a costei
4Avrian posto, e l’un stil coll’altro misto:
Di che sarebbe Enea turbato, e tristo.
Achille, Ulisse, e gli altri semidei;
E quel che resse anni cinquantasei
8Sì bene il mondo, e quel ch’ancise Egisto.
Quel fior' antico di virtuti,, e d’arme
Come sembiante stella ebbe con questo
11Novo fior d’onestate, e di bellezze!
Ennio di quel cantò ruvido carme;
Di quest’altr'io: ed o pur non molesto
14Gli sia 'l mio ingegno, e ’l mio lodar non sprezze!
SONETTO CLIV.
Del fero Achille, sospirando disse:
O fortunato, che sì chiara tromba
4Trovasti, e chi di te sì alto scrisse!
Ma questa pura, e candida colomba;
A cui non so s’al mondo mai par visse;
Nel mio stil frale assai poco rimbomba:
8Così son le sue sorti a ciascun fisse.
Che d’Omero dignissima, e d’Orfeo,
O del pastor ch’ancor Mantova onora,
11Ch’andassen sempre lei sola cantando;
Stella difforme, e fato sol qui reo
Commise a tal, che ’l suo bel nome adora:
14Ma forse scema sue lode parlando.