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P A R T E. 137

SONETTO CXLIII.


P
Er mezz’i boschi inospiti, e selvaggi,

     Onde vanno a gran rischio uomini, ed arme,
     Vo sicur'io: che non può spaventarme
     4Altri che ’l Sol ch’à d’Amor vivo i raggi.
Et vo cantando (o penser miei non saggi!)
     Lei che ’l ciel non poria lontana farme;
     Ch’i’ l’ho negli occhi, e veder seco parme
     8Donne, e donzelle, e sono abeti, e faggi.
Parmi d’udirla, udendo i rami, e l’ore,
     E le frondi, e gli augei lagnarsi; e l’acque
     11Mormorando fuggir per l’erba verde.
Raro un silenzio, un solitario orrore
     D’ombrosa selva mai tanto mi piacque;
     14Se non che dal mio Sol troppo si perde.



SONETTO CXLIV.


M
Ille piagge in un giorno, e mille rivi

     Mostrato m’ha per la famosa Ardenna
     Amor, ch’a' suoi le piante, e i cori impenna,
     4Per fargli al terzo ciel volando ir vivi.
Dolce m’è sol senz’arme esser stato ivi
     Dove armato fier Marte, e non accenna;
     Quasi senza governo, e senza antenna
     8Legno in mar, pien di pensier gravi, e schivi.
Pur giunto al fin de la giornata oscura,
     Rimembrando ond’io vegno, e con quai piume,
     11Sento di troppo ardir nascer paura.
Ma ’l bel paese, e ’l dilettoso fiume
     Con serena accoglienza rassecura
     14Il cor già volto ov’abita il suo lume.