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SONETTO CXXXIX.


O
Invidia nimica di virtute;

     Ch’a’ bei principii volentier contrasti;
     Per qual sentier così tacita intrasti
     4In quel bel petto, e con qual’arti il mute?
Da radice n’hai svelta mia salute:
     Troppo felice amante mi mostrasti
     A quella che’ miei preghi umili, e casti
     8Gradì alcun tempo, or par ch’odi e refute.
Nè però che con atti acerbi, e rei
     Del mio ben pianga, e del mio pianger rida,
     11Poria cangiar sol un de’ pensier’mei:
Non perchè mille volte il dì m’ancida,
     Fia ch’io non l’ami, e ch’i’ non speri in lei:
     14Che s’ella mi spaventa, Amor m’affida.



SONETTO CXL.


M
Irando ’l Sol de’ begli occhi sereno,

     Ove è chi spesso i miei dipinge, e bagna;
     Dal cor l’anima stanca si scompagna,
     4Per gir nel paradiso suo terreno:
Poi trovandol di dolce, e d’amar' pieno,
     Quantoal mondo si tesse, opra d’aragna
     Vede: onde seco, e con Amor si lagna,
     8Ch’à sì caldi gli spron, sì duro ’l freno.
Per questi estremi duo contrari, e misti,
     Or con voglie gelate, or con accese
     11Stassi così fra misera, e felice:
Ma pochi lieti, e molti pensier’ tristi;
     E ’l più si pente dell’ardite imprese:
     14Tal frutto nasce di cotal radice.