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P A R T E. 129

SONETTO CXXVII.


A
Mor, e io sì pien di maraviglia,

     Come chi mai cosa incredibil vide;
     Miriam costei quand’ella parla, o ride;
     4Che sol se stessa, e null'altra, simiglia.
Dal bel seren delle tranquille ciglia
     Sfavillan sì le mie due stelle fide,
     Ch’altro lume non è ch’infiammi, o guide
     8Chi d’amar altamente si consiglia.
Qual miracolo è quel, quando fra l’erba
     Quasi un fior siede, ovver quand’ella preme
     11Col suo candido seno un verde cespo?
Qual dolcezza è, nella stagione acerba
     Vederla ir sola coi pensier suoi 'nseme,
     14Tessendo un cerchio all’oro terso, e crespo!



SONETTO CXXVIII.


O
passi sparsi, o pensier vaghi, e pronti;

     O tenace memoria; o fero ardore;
     O possente desire; o debil core;
     4O occhi miei, occhi non già, ma fonti;
O fronde, onor delle famose fronti,
     O sola insegna al gemino valore;
     O faticosa vita, o dolce errore,
     8Che mi fate ir cercando piagge, e monti;
O bel viso, ov'Amor' inseme pose
     Gli sproni, e ’l fren' ond’e' mi punge, e volve
     11Come a lui piace, e calcitrar non vale;
O anime gentili, ed amorose;
     S’alcuna ha’l mondo; e voi nude ombre, e polve;
     14Deh restate a veder, qual'è ’l mio male.