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P A R T E. | 127 |
SONETTO CXXIII.
E celesti bellezze al mondo sole,
Tal, che di rimembrar mi giova, e dole,
4Che quant’io miro, par sogni, ombre, e fumi:
E vidi lagrimar que’ duo bei lumi,
C’han fatto mille volte invidia al Sole:
E udì sospirando dir parole
8Che farian gire i monti, e stare i fiumi.
Amor, senno, valor, pietate, e doglia
Facean piangendo un più dolce concento
11D’ogni altro che nel mondo udir si soglia:
Ed era 'l cielo all’armonia sì 'ntento,
Che non se vedea in ramo mover foglia;
14Tanta dolcezza avea pien l’aere, e ’l vento.
SONETTO CXXIV.
Mandò sì al cor l’immagine sua viva;
Che ’ngegno, o stil non fia mai che ’l descriva:
4Ma spesso a lui con la memoria torno.
L’atto d’ogni gentil pietate adorno,
E ’l dolce amaro lamentar ch’i’ udiva,
Facean dubbiar, se mortal donna, o diva
8Fosse che ’l ciel rasserenava intorno.
La testa or' fino; e calde neve il volto;
Ebeno i cigli; e gli occhi eran due stelle,
11Ond'Amor l’arco non tendeva in fallo;
Perle, e rose vermiglie, ove l’accolto
Dolor formava ardenti voci, e belle;
14Fiamma i sospir, le lagrime cristallo.