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SONETTO CXVII.


C
He fai, alma? che pensi? avrem mai pace?

     Avrem mai tregua? od avrem guerra eterna?
     Che fia di noi, non so: ma, in quel ch’io scerna,
     4A’ suoi begli occhi il mal nostro non piace.
Che prò; se con quelli occhi ella ne face
     Di state un ghiaccio, un foco quando verna?
     Ella non; ma colui che gli governa.
     8Questo ch’è a noi; s’ella sel vede, e tace?
Talor tace la lingua; e ’l cor si lagna
     Ad alta voce, e ’n vista asciutta, e lieta,
     11Piagne dove mirando altri non ’l vede.
Per tutto ciò la mente non s’acqueta,
     Rompendo'l duol che ’n lei s’accoglie, e stagna:
     14Ch’a gran speranza uom misero non crede.



SONETTO CXVIII.


N
On d’atra, e tempestosa onda marina

     Fuggìo in porto giàmmai stanco nocchiero;
     Com’io dal fosco, e torbido pensiero
     4Fuggo, ove ’l gran desio mi sprona, e ’nchina;
Nè mortal vista mai luce divina
     Vinse; come la mia quel raggio altero
     Del bel dolce soave bianco e nero,
     8In che i suoi strali Amor dora, ed affina.
Cieco non già, ma faretrato il veggo;
     Nudo, se non quanto vergogna il vela;
     11Garzon con ali, non pinto, ma vivo.
Indi mi mostra quel ch’a molti cela:
     Ch’a parte a parte entro a’ begli occhi leggo
     14Quant’io parlo d’Amore, et quant’io scrivo.