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SONETTO CXIV.
Alma gentil, cui tante carte vergo;
O sol già d’onestate intero albergo,
4Torre in alto valor fondata, e salda;
O fiamma, o rose sparse in dolce falda
Di viva neve, in ch’io mi specchio, e tergo;
O piacer' onde l’ali al bel viso ergo,
8Che luce sovra quanti 'l Sol ne scalda;
Del vostro nome, se mie rime intese
Fossin sì lunge, avrei pien Tile, e Battro,
11La Tana, il Nilo, Atlante, Olimpo, e Calpe:
Poi che portar nol posso in tutte quattro
Parti del mondo; udrallo il bel paese
14Ch’Appennin parte, e ’l mar circonda, e l’Alpe.
SONETTO CXV.
E con un duro fren mi mena, e regge,
Trapassa ad or' ad or l’usata legge
4Per far in parte i miei spirti contenti;
Trova chi le paure, e gli ardimenti
Del cor profondo ne la fronte legge;
E vede Amor, che sue imprese corregge,
8Folgorar ne’ turbati occhi pungenti:
Onde, come colui che ’l colpo teme
Di Giove irato; si ritragge indietro;
11Che gran temenza gran desire affrena:
Ma freddo foco, e paventosa speme
Dell’alma, che traluce come un vetro,
14Talor sua dolce vista rasserena.