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PARTE. | 113 |
CANZONE XXXI.
Cosa fu mai in qual che stranio clima;
Quella, se ben si stima,
Più mi rassembra; a tal son giunto, Amore.
5Là onde 'l dì ven fore,
Vola un'augel, che sol senza consorte
Di volontaria morte
Rinasce, e tutto a viver si rinnova:
Così sol si ritrova
10Lo mio voler': e così in su la cima
De’ suoi alti pensieri al Sol si volve;
E così si risolve;
E così torna al suo stato di prima:
Arde, e more, e riprende i nervi suoi;
15E vive poi con la Fenice a prova.
Una pietra è sì ardita
Là per l’Indico mar; che da natura
Tragge a sè il ferro, e ’l fura
Dal legno in guisa ch’i navigj affonde:
20Questo prov’io fra l’onde
D’amaro pianto; che quel bello scoglio
Ha col suo duro argoglio
Condotta ov'affondar conven mia vita:
Così l’alma ha sfornita
25Furando ’l cor, che fu già cosa dura:
E me tenne un, ch’or son diviso e sparso;
Un sasso a trar più scarso
Carne, che ferro. O cruda mia ventura!
Che ’n carne essendo, veggio trarmi a riva
30Ad una viva dolce calamita.
Nell’estremo Occidente
Una fera è, soave, e queta tanto,
Che nulla più: ma pianto,
E do-