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P A R T E. | 109 |
Forse, a te stesso vile, altrui se caro:
25Ed in questo trapasso sospirando,
Or porrebb'esser vero, or come, or quando.
Ove porge ombra un pino alto, od un colle,
Talor m’arresto: e pur nel primo sasso
Disegno con la mente il suo bel viso.
30Poi ch’a me torno, trovo il petto molle
Della pietate; ed allor dico, Ahi lasso,
Dove se giunto, ed onde se diviso?
Ma mentre tener fiso
Posso al primo pensier la mente vaga,
35E mirar lei, ed obbliar me stesso;
Sento Amor sì da presso,
Che del suo proprio error l’alma s’appaga:
In tante parti, e sì bella la veggio;
Che se l’error durasse, altro non cheggio.
40I’ l’ho più volte (or chi fia che mel creda?)
Nell’acqua chiara, e sopra l’erba verde
Veduta viva, e nel troncon d’un faggio;
E ’n bianca nube sì fatta, che Leda
Avria ben detto, che sua figlia perde;
45Come stella che ’l Sol copre col raggio:
E quanto in più selvaggio
Loco mi trovo, e ’n più deserto lido,
Tanto più bella il mio pensier l’adombra:
Poi, quando il vero sgombra
50Quel dolce error, pur lì medesmo assido
Me freddo, pietra morta in pietra viva;
In guisa d’uom che pensi, e pianga, e scriva.
Ove d’altra montagna ombra non tocchi,
Verso ’l maggiore, e ’l più spedito giogo
55Tirar mi suol un desiderio intenso:
Indi i miei danni a misurar con gli occhi
Comincio; e ’ntanto lagrimando sfogo
Di dolorosa nebbia il cor condenso,
Alor ch’i’ miro, e penso,
Quan-