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P A R T E. | 79 |
SONETTO LXXVII.
Un fren, che di suo corso indietro il volga;
Ma ’l cor chi legherà, che non si sciolga;
4Se brama onore, e ’l suo contrario abborre?
Non sospirate: a lui non si può torre
Suo pregio, perch’a voi l’andar si tolga;
Che, come fama pubblica divolga,
8Egli è già là, chè null’altro il precorre.
Basti che si ritrove in mezzo ’l campo
Al destinato dì, sotto quell’arme
11Che gli dà il tempo, Amor, vurtute, e ’l sangue;
Gridando, D’un gentil desire avampo
Col signor mio, che non può seguitarme;
14E del non esser qui si strugge e langue.
SONETTO LXXVIII.
Come ’l nostro sperar torna fallace;
Dietr'a quel sommo ben che mai non spiace,
4Levate 'l core a più felice stato.
Questa vita terrena è quasi un prato,
Che ’l serpente tra’ fiori, e l’erba giace;
E s’alcuna sua vista agli occhi piace,
8È per lassar più l’animo invescato.
Voi dunque, se cercate aver la mente
Anzi l’estremo dì queta giammai,
11Seguite i pochi, e non la volgar gente.
Ben si può dire a me; Frate, tu vai
Mostrando altrui la via, dove sovente
14Fosti smarrito, ed or se’ più che mai.