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DEL PETRARCA. XVII


Affetto che facilmente cade nei belli ingegni, se ben poi il mondo1 per la goffezza de’ compositori, e la malignità de’ secoli, ha ridotto quest’onore della corona, com’altre cose buone, in poca stima. Non era così allora; e fu il Petrarca il primo, e solo che dopo tanti anni lo rinnovasse in Italia: anzi il Boccaccio in alcuni versi Latini, che di sotto riferirò, scusa Dante, se per la malvagità della fortuna del suo esilio fu senza corona.

Ora, per tornare al proposito, egli, avute le lettere, stette in dubbio a quale dovesse andare, per la gran fama dello studio di Parigi, e per la riputazione, ed il nome di Roma. E consigliatosi col suo amorevole Signore il Cardinale Colonna, si risolse andare a Roma; e stimando molto quell’atto del coronarsi, volle sopra ciò il parere di Roberto Re di Napoli, il quale a quel tempo era non solo dotto, ma riputato savissimo, e lo splendore de’ Signori d’Italia2. Onde del 1341. imbarcatosi a Marsiglia se n’andò a Napoli, ove amorevolmente fu raccolto da quel magnifico Re, il quale non solo un giorno, ma tre continui fu con M. Francesco, ed udì li versi suoi; di che sopra modo rimase contento, pregandolo a’ voler pigliare la corona per sua mano in Napoli; della qual cosa si escusò il Petrarca, per la risoluzione già fatta di Roma. Onde il Re volle che gli promettesse d’intitolargli i versi dell’Africa, della quale già gran parte avea scritto, e per la quale il mondo lo stimava tanto. Il che promise, ed attese di

poi

  1. Nel 1. colloq. col. 3.
  2. Nell’Epistole in versi, e nelle famil. a 54. 56. ed altrove