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P A R T E. | 49 |
SONETTO XLIV.
La speme incerta; e ’l desir monta, e cresce:
Onde e ’l lassar, e l’aspettar m’incresce:
4E poi al partir son più levi che tigre.
Lasso, le nevi fien tepide, e nigre,
E ’l mar senz’onda, e per l’Alpe ogni pesce;
E corcherassi il Sol là oltre ond’esce
8D’un medesimo fonte Eufrate, e Tigre;
Prima ch’i’ trovi in ciò pace, nè tregua;
O Amor', o Madonna altr’uso impari;
11Che m’hanno congiurato a torto incontra.
E s’i’ ho alcun dolce, è dopo tanti amari,
Che per disdegno il gusto si dilegua.
14Altro mai di lor grazie non m’incontra.
SONETTO XLV.
Riposate su l’un, signor mio caro;
E siate ormai di voi stesso più avaro
4A quel crudel che suoi seguaci imbianca:
Coll’altro richiudete da man manca
La strada a’ messi suoi, ch’indi passaro,
Mostrandovi un d’Agosto, e di Gennaro;
8Perch’a la lunga via tempo ne manca:
E col terzo bevete un suco d’erba;
Che purghe ogni pensier che ’l cor' afflige;
11Dolce alla fine, e nel principio acerba:
Me riponete ove ’l piacer si serba,
Tal, ch’i’ non tema del nocchier di Stige;
14Se la preghiera mia non è superba.