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44 | PRIMA |
CANZNNE X.
Quando per tal ventura tutta ignuda
La vide in mezzo delle gelid'acque;
Ch’a me la pastorella alpestra, e cruda
5Posta a bagnar un leggiadretto velo,
Ch’a Laura il vago, e biondo capel chiuda;
Tal, che mi fece or quand’egli arde il cielo,
Tutto tremar d’un amoroso gielo.
CANZONE XI.
Dentro le qua’ peregrinando alberga
Un signor valoroso, accorto e saggio,
Poi che se’ giunto a l’onorata verga,
5Colla qual Roma e suoi erranti correggi,
E la richiami al suo antico viaggio;
Io parlo a te, però ch’altrove un raggio
Non veggio di vertù, ch’al mondo è spenta;
Nè trovo chi di mal far si vergogni.
10Che s’aspetti non so, nè che s’agogni
Italia, che suoi guai non par che senta:
Vecchia, oziosa e lenta,
Dormirà sempre, et non fia chi la svegli?
Le man l’avess’io avolto entro e capegli.
15Non spero che giammai dal pigro sonno
Mova la testa per chiamar ch’uom faccia;
Sì gravemente è oppressa, e di tal soma.
Ma non senza destino alle tue braccia,
Che scuoter forte, e sollevarla ponno;
20È or commesso il nostro capo Roma.
Pon man' in quella venerabil chioma
Securamente, e ne le treccie sparte,
Si,