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SONETTO XXXVI.


Q
Ue’che ’n Tessaglia ebbe le man’ sì pronte

     A farla del civil sangue vermiglia,
     Pianse morto il marito di sua figlia
     4Raffigurato a le fattezze conte:
E ’l pastor ch’a Golia ruppe la fronte,
     Pianse la ribellante sua famiglia,
     E sopra ’l buon Saul cangiò le ciglia:
     8Ond’assai può dolersi il fiero monte.
Ma voi, che mai pietà non discolora,
     E ch’avete gli schermi sempre accorti
     11Contra l’arco d’Amor che ’ndarno tira;
Mi vedete straziare a mille morti:
     Nè lagrima però discese ancora
     14Da’ bei vostr’occhi, ma disdegno, ed ira.



SONETTO XXXVII.


I
L mio avversario in cui veder solete

     Gli occhi vostri, ch’Amore e ’l ciel'onora;
     Con le non sue bellezze v’innamora,
     4Più che ’n guisa mortal, soavi, e liete.
Per consiglio di lui, Donna, m’avete
     Scacciato del mio dolce albergo fora;
     Misero esilio! avvegnach’i’ non fora
     8D’abitar degno ove voi sola siete.
Ma s’io v’era con saldi chiovi fisso,
     Non devea specchio farvi per mio danno,
     11A voi stessa piacendo, aspra e superba.
Certo, se vi rimembra di Narcisso,
     Questo, e quel corso ad un termino vanno:
     14Benchè di sì bel fior sia indegna l’erba.