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P A R T E . | 37 |
SONETTO XXXIV.
Più non asconde sue bellezze nove;
Le braccia alla fucina indarno move
4L’antiquissimo fabbro Siciliano:
Ch’a Giove tolte son l’arme di mano
Temprate in Mongibello a tutte prove:
E sua sorella par, che si rinnove
8Nel bel guardo d’Apollo a mano a mano.
Del lito occidental si move un fiato,
Che fa securo il navigar senz'arte,
11E desta i fior tra l’erba in ciascun prato:
Stelle noiose fuggon d’ogni parte,
Disperse dal bel viso innamorato,
14Per cui lagrime molte son già sparte.
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SONETTO XXXV.
Volte guardato dal balcon sovrano,
Per quella ch’alcun tempo mosse in vano
4I suoi sospiri, et or gli altrui commove:
Poi, che cercando stanco non seppe, ove
S’albergasse, da presso, o di lontano;
Mostrossi a noi qual'uom per doglia insano.
8Che molto amata cosa non ritrove:
E così tristo standosi in disparte,
Tornar non vide il viso che laudato
11Sarà, s’io vivo in più di mille carte:
E pietà lui medesmo avea cangiato,
Sì, ch’ e begli occhi lagrimavan parte:
14Però l’aere ritenne il primo stato.